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Guerriero Salvatore

Chi è Salvatore?

Una persona normale che ha la sua visione, le sue passioni e come dire il suo schema di vita, nient’altro. Sono nato in un contesto di difficoltà, perché non era ancora un anno di boom. Ricordo che nei primi anni di vita la mia era una comunità rurale, una comunità dove c’era molta solidarietà, c’era tanta gente di famiglia. Il contesto sociale dei miei genitori era quello di persone che lavoravano per cui sono stato sempre abituato ad osservare coloro che lavorano e ad apprezzare quello che fanno.

Qual è il più grande insegnamento che ti ha lasciato tuo padre?

L’onestà e la trasparenza. Esser precisi, rispettare sempre gli altri, ma soprattutto la puntualità era un suo chiodo fisso. I miei genitori avevano una vita molto laboriosa per cui il senso del dovere e del lavoro mi ha segnato ed è stato un grandioso esempio per me e loro rappresentano ancora il mio faro anche se purtroppo non li ho più.

Che studi hai fatto?

Ragioneria e poi mi sono laureato in Scienze Politiche. Mentre studiavo mi dedicavo ad attività di carattere giornalistico, ero molto attivo già nella radio locale e anche in una televisione locale.

Quale è stata la tua prima trasmissione radiofonica?

A diciassette anni il primo programma fu dedicato all’astronomia di cui ero appassionato. Ricordo mio padre di notte che seguiva la prima volta dell’uomo sulla luna con Tito Stagno che diceva “ha toccato, ha toccato”. Era il 1969, avevo 7 anni. Successivamente intrapresi un percorso territoriale televisivo di divertimento, di varietà, che veramente è stato molto proficuo e formativo per me. Stare in televisione significava essere subito personaggio. Incominciai a fare trasmissioni molto professionali ed ero anche conduttore di telegiornale per cui il mio volto era conosciuto da chiunque del territorio seguisse la televisione.

Perché hai scelto scienze politiche e la politica?

Perché a 20 anni mi candidarono al Consiglio Comunale del mio paese. Da quel momento nacque una scintilla, anche se già da alcuni anni seguivo le attività sociali del mio paese, che poi si trasformò in impegno politico con la vecchia Democrazia Cristiana. Ho avuto la fortuna di stare vicino a personalità molto importanti: Ciriaco De Mita, Gerardo Bianco, Giuseppe Gargani e così via. Ricordo che a 25 anni venni eletto consigliere comunale, a 26 assessore ed a 30 anni, ebbi la fortuna anche di essere eletto Sindaco.

Che cosa significa essere Sindaco di un paese?

Significa avere una grande responsabilità e spesso non dormire di notte. Perché un Sindaco non è soltanto il capo di una amministrazione, è il responsabile di una comunità a 360 gradi. È ufficiale di governo e ufficiale sanitario, è autorità di pubblica sicurezza, autorità di protezione civile. Oggi, specialmente con i problemi che ci sono un Sindaco deve guardare bene le proprie responsabilità, ma soprattutto poi tutelare la propria comunità. Ogni atto che un sindaco fa è una grande responsabilità e soprattutto, come dire un momento di decisione. Quella decisione va presa, riflettendo bene. E poi, essendo capo di un’amministrazione, è anche un capo politico per cui deve gestire i rapporti con gli uomini della sua amministrazione e anche i rapporti con l’opposizione e con tutto il resto dell’amministrazione. Perché l’amministrazione comunale non è fatta solo dal sindaco, dalla maggioranza, ma da maggioranza e minoranza, è un fatto di democrazia.

Qual è il segreto della buona amministrazione?

L’impegno continuo e costante. Una vision aperta al dialogo con la comunità, con le istituzioni in generale e avere anche un proprio programma da realizzare.

Avevi un riferimento politico che ti ispirava?

Don Sturzo e De Gasperi erano i due riferimenti principali. Don Sturzo, perché fu il fondatore dei Cattolici Democratici, De Gasperi, perché fu il fedele attuatore di quei principi e di quelle visioni che alla fine portarono l’Italia del dopoguerra a diventare l’Italia che sarebbe stata successivamente.

Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole intraprendere la carriera politica?

Innanzitutto deve avere passione, perché se non c’è passione civile è inutile impegnarsi. Deve seguire le vicende della politica, perché è indispensabile capire dove siamo e poi incominciare anche a leggere tanti giornali, a studiare un po’ di Economia, di Diritto e di Storia.

Dal bambino che lavoro volevi fare?

Il medico perché quando mio padre o mia madre mi portavano dal medico per le visite io ero affascinato dal camice bianco e quindi questa cosa mi fece nascere la passione. Poi dopo intervennero le stelle e quindi incominciai con questa passione per il cielo, l’Astronomia e così via. Dopodiché sono arrivato alla Politica.

Terminata l’esperienza politica, passi alle confederazioni d’impresa.

Nel 2007, dopo l’esperienza da sindaco fondammo un primo nucleo di associazione di impresa, affiliato ad un’altra organizzazione, dopodichè decidemmo di essere autonomi. Fondammo così la PMI International. La nostra vision era di aprire il territorio a 360 gradi, a tutto il mondo. Sembrava un’idea illusoria ma pensammo di organizzare un’associazione che avesse come primo obiettivo l’internazionalizzazione. E allora venne fuori il nome e il logo attuale della PMI International, cioè quell’idea di cavalcare la globalizzazione.

In questi anni di presidenza della PMI International quale sono state le soddisfazioni più grandi?

Quando risolvi il problema a un’impresa a quell’impresa si lega alla tua organizzazione, ti segue e la diffonde diventando il primo promotore dell’organizzazione.

Cosa vuoi fare da grande?

Continuare con PMI International, farla crescere, lasciare una traccia per quelli che verranno e far diventare “PMI International Confederazione delle Imprese nel Mondo” uno dei marchi italiani più importanti a livello globale.

Cosa vuoi lasciare ai tuoi figli non in termini patrimoniali, ma in termini di sentimenti, emozione e di istruzione?

La serietà, l’onestà e l’impegno. Sei il Primo Ministro e puoi fare una sola azione di Governo, che faresti? Spostare investimenti direttamente sui giovani e quindi dare la possibilità a loro di essere protagonisti, affinché non abbandonino il Paese e affinché possano diventare protagonisti della loro vita non solo professionalmente, ma anche come famiglia.

Per finire, c’è un messaggio che vorresti rivolgere ai giovani studenti della Federico II?

Innanzitutto hanno tutto un futuro davanti. Poi l’Università Federico II è un prestigio, ma oltre a studiare bisogna incominciare a guardarsi intorno, perché il mondo è tutt’altro rispetto allo studio. Oggi una laurea, un titolo di studio è un punto di partenza e non un punto di arrivo. Per cui laurearsi oggi significa continuare a studiare, per stare al passo con i tempi, con il mondo e con l’economia. Vi auguro ogni bene.

Grazie Salvatore.

Grazie a voi e buon lavoro

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