Chi è Riccardo Caccia?
Un ragazzo della parte flegrea di Napoli, fiero di essere bagnolese e figlio di operai: mio padre aveva un distributore di benzina poi ha fatto l’operaio per diversi anni e mia mamma ad oggi è ancora un’operaia nel settore delle pulizie. Io mi sono trovato a rincorrere quello che è il sogno di una vita ovvero fare l’imprenditore, creare lavoro, creare idee.
Cosa volevi fare quando da piccolo?
Coltivavo il sogno di fare il cardiologo. Anche durante gli altri lavori che ho fatto, e ne ho fatti tantissimi, ho sempre coltivato il sogno di avere qualcosa di mio, che non rimanesse fermo lì statico ma che fosse utile alla società e facesse crescere il nostro territorio. Un territorio spesso bistrattato, dove i ragazzi vengono visti sempre come buoni a nulla. Invece qui c’è la possibilità, con le idee, di costruire ottime realtà che diano lavoro, creino fatturato e PIL per lo Stato.
C’è una differenza sostanziale tra essere lavoratore dipendente e un imprenditore. Quali sono per te le maggiori differenze anche in termini naturalmente di prestazioni lavorative, di ansie, di gioie, di dolori?
Io, che ho vissuto entrambi i percorsi sia quello da dipendente che quello da imprenditore, noto delle sostanziali differenze. Chi sceglie di fare l’imprenditore deve essere consapevole del fatto che dietro si porta una serie di responsabilità: nei suoi confronti, nei confronti della sua famiglia, ma soprattutto nei confronti delle persone che lavorano per lui, dei fornitori, delle tasse, dello Stato, dell’ambiente, degli stakeholders che girano attorno all’azienda. Quindi ha molte più responsabilità. Queste responsabilità o ti ammazzano oppure ti fortificano, a me danno adrenalina e mi fortificano. Queste responsabilità bisogna saperle accettare e guardarle sempre con rispetto e affrontarle in modo giusto, senza fare mai il passo più grande della gamba, senza stravolgere quelli che sono i piani aziendali, ma accettarli e farli passo passo in modo tale che né chi lavora per te né tutto quello che è il mondo attorno all’impresa possa rischiare qualcosa. Tu devi cercare di rischiare in maniera moderata e garantire la stabilità alle persone che girano attorno all’impresa. Questa è la differenza tra l’imprenditore e il dipendente. Il dipendente, ovviamente, ha delle responsabilità, che sono circoscritte all’interno di un’azienda, ed ha degli obiettivi. Le ansie le può anche lasciare chiudendo la porta dell’ufficio e andandosene a casa. L’imprenditore le ansie se le porta la notte, il giorno, la domenica, il sabato e il resto della giornata. Però io le prendo di buon grado e le so affrontare.
Qual è oggi la fotografia della tua azienda?
Oggi, chi guarda Italyft vede un’azienda giovane, dinamica, diversa da tutte le altre che ci sono sono state fino ad oggi nel settore. Abbiamo una concezione totalmente diversa di fare impresa, più innovativa. Noi siamo proprietari dei progetti e dei certificati, e ci siamo legati a diverse aziende sul territorio nazionale cui abbiamo affidato il compito di garantirci qualità, certezza dei tempi di consegna e risposte, assistenza. Facendo così, non ci siamo vincolati al vecchio concetto di azienda statica in un solo luogo, abbiamo dato la possibilità a più imprese sul territorio nazionale, di lavorare per noi sia di allargare le vedute, sia i numeri in termini di fatturato avendo molto più margine per aumentare i loro volumi di ordini. Perché noi non produciamo su un’unica azienda produciamo su tante aziende, quindi è come se avessimo non una sola produzione, ma tante produzioni in giro per l’Italia.
Nel tuo lavoro precisione, ingegneria, estetica sono le componenti per avere un prodotto di eccellenza?
Sono i concetti base della Italyft. Innanzitutto la precisione, che parte dalle fasi preliminari di qualsiasi tipo di progetto. Il cliente, quando si interfaccia con il nostro team di vendite o la nostra assistenza, trova persone che lo seguono passo passo in maniera tempestiva e precisa. Siamo attenti al dettaglio, sia termini di qualità estetiche, della cabina, delle finiture, ma anche dal punto di vista tecnico, perché oggi il prodotto ascensore è un prodotto altamente tecnologico.
Che consiglio daresti ai giovani che vogliono aprire una startup?
Ai giovani dico, innanzitutto, di non fermarsi davanti ai no, le obiezioni fanno crescere e danno l’opportunità di aggiustare il tiro. Spesso il cliente o comunque il mercato non è facilmente permeabile. Però bisogna accettare quella che viene chiamata nel mondo del marketing, la curva d’apprendimento. C’è un tempo per tutto. Ci sono sacrifici da fare, e vanno fatti perché ci sono ottime opportunità per tutti, soprattutto nel nostro territorio. Cito una battuta che gira tra gli studenti di Oxford che ho fatto mia “chi non rischia lavora per chi rischia”. Se non rischiate voi che siete giovani lavorerete per qualcuno che sta rischiando ogni giorno. Il mio consiglio è: rischiate, metteteci la faccia e credeteci.
Come imprenditore a chi ti sei ispirato?
Ho sempre creduto nelle mie potenzialità e questo è fondamentale per fare l’imprenditore. Poi ho incontrato durante il mio percorso diverse persone che mi hanno aiutato ed ispirato, dall’amico all’imprenditore con cui ho collaborato. Mi sono anche documentato ho cercato di guardare a chi ce l’aveva fatta, mi piace tantissimo ad esempio il concetto di fare impresa di Brunello Cucinelli, mi piace Renzo Rosso della Diesel mi ispirano tantissimo le loro storie. Tutti quelli che ce l’hanno fatta ci sono riusciti con le idee. Le idee sono sono la prima base per un buon imprenditore, non i soldi, non gli investimenti, non le risorse economiche, non lo Stato, non la burocrazia Sono le idee la chiave del successo. Senza idee non si va da nessuna parte.
Da imprenditore, qual è stata la difficoltà più grande che hai superato?
Il fatto di non essere figlio di, nipote di, fratello di, cugino di, né imprenditore né conosciuto e avere tra l’altro sulla Carta d’Identita scritto nato a Napoli, soprattutto in territori fuori dalla Campania, è stato è stata una grande difficoltà per approcciare, però di contro è stata la principale motivazione, tant’è che oggi in campania il nostro fatturato è quello tra i più bassi. Abbiamo allargato tantissimo il nostro raggio d’azione e abbiamo dato dimostrazione che non conta la provenienza o chi eri prima, conta semplicemente il fatto di volercela fare, di credere nel proprio progetto, di credere nelle proprie idee, nonostante tutto, nonostante i no, nonostante le obiezioni.
Sei ambasciatore del Made in Italy.
Il concetto di Made in Italy è ormai abusato. All’estero viene apprez4zato
il fatto che noi italiani siamo molto attenti al dettaglio. Farei del “Made in Italy” un vero e proprio brand. Se produci in Italia e fai lavorare maestranze italiane, allora puoi accedere al brand, facciamo in modo da tracciare veramente le aziende che producono in Italia.
Se fossi Presidente del Consiglio quale sarebbe il tuo primo provvedimento?
Dare la possibilità di “sburocratizzare” questo paese. Per aprire un’attività è sempre più complicato e per assumere un dipendente ci sono costi inenarrabili. Dirotterei una parte delle risorse economiche per chi non lavora, ad esempio il reddito di cittadinanza, alle imprese che vogliono assumere. Darei alle PMI, la possibilità di accedere al credito in maniera molto più semplice perché le imprese sono veramente il fulcro di questo paese. Le imprese danno lavoro, creano ricchezza, aumentano il PIL del nostro paese. Dovrebbe essere lo stato a spingere sempre più i giovani a voler intraprendere il percorso imprenditoriale. La prima attività sarebbe quella incentivare le piccole medie imprese a crescere, poi dare a dare l’opportunità anche alle start-up di nascere sempre più fiorenti e ricche.
Riccardo, vorrei che rivolgessi un augurio, un messaggio ai ragazzi
Ragazzi, vi auguro il meglio. Studiate, studiate tanto, ma fate in modo che lo studio sia soltanto una parte della vostra vita. Questa è una parte del vostro percorso. Finito questo percorso, studiate la vita vera. State a contatto con le persone e inseguite quelli che sono realmente i vostri sogni. Non vi focalizzate semplicemente sul libro, i libri sono importanti ma concedetevi l’opportunità di sognare. Sognate. Credete nei vostri sogni e non vi fermate di fronte ai no.
Grazie Riccardo.
Sono io che ringrazio voi.
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