Benvenuto Giampiero.
Grazie a voi.
In che contesto familiare sei nato?
Sono nato a Teramo, in questa fantastica città, nel… non ve lo dico, perché la data non mi piace. Sono nato da due genitori che ancora sono in vita e questa è una grande gioia. Nonostante una veneranda età, oggi sono autonomi, vivono insieme e forse hanno imparato a sostenersi l’un l’altro. Così come dovrebbe essere un po’ il fuoco pulsante della società più estesa. non è solo l’unione ma anche la consapevolezza che il sostegno anche reciproco possa portare a un miglioramento continuo.
Se tu dovessi raccontarci il tuo sogno, da grande cosa volevi fare?
Da nipote di un finanziere volevo fare il finanziere. Stavo facendo l’ultimo esame e mi dicono che sono daltonico e quindi per questo non ho potuto fare il finanziere. Così ho deciso di fare il commercialista.
Ci racconti un’immagine della tua infanzia e i profumi che senti ricordandola?
La pasta a casa della nonna, le farfalle con olio e parmigiano. Il parmigiano era dentro un’ampolla, che per me era oro. Quando si apriva quell’ampolla il profumo si spargeva per tutta casa. L’olio era sempre olio ricercato prodotto a Sanseverino Marche. E l’odore di queste farfalle mi ha sempre dato l’idea della semplicità. E il ricordo di queste cose mi rende felice. Sono davvero le piccole cose che fanno le grandi emozioni.
Il tuo primo lavoro qual è stato?
Il primo lavoro io nasco come commercialista, principalmente vocato alla cooperazione. Poi passo ad attività d’impresa negli anni 2011-2012.
Qual è stata la motivazione che ti ha fatto fare lo switch da commercialista a protagonista dell’economia come imprenditore?
A 40 anni ho deciso di fare un’altra strada rimanendo consulente dei più cari amici, a cui non puoi dire di no, intraprendendo altri percorsi ritenendo che alcune cose si possano realizzare anche commettendo errori.
L’errore è insito nell’innovazione.
Il momento della decisione come ti viene? Sei solo, rifletti, ascolti musica?
Assolutamente sì. Diciamo che la musica è un mio fratello. Io al contempo ero aspirante finanziere e anche violinista. La musica è una parte di focolaio che è interna. A volte ti permette di riflettere di più, di distrarti un pochino dall’emozione dell’atto, del fatto dell’attività, la brutalità dell’informazione, della comunicazione. Sei comunque all’interno di un flusso, un flusso continuo. Io sento musica in continuazione, a volte anche quando dormo.
Oggi di cosa ti occupi?
Ho due asset aziendali, uno della Sanità ex articolo 26, quindi i gravi, gravissimi in convenzione con il sistema sanitario, e l’altro delle Costruzioni a vocazione sanitaria. Quindi rimane la centralità della persona, il servizio alla persona. Mi interesserebbe molto dare un contributo ad un cambiamento di scenario, che ritengo sia non tanto un’opportunità ma un dovere, e su questo cambiamento di scenario sto investendo nel futuro dell’azienda e sto dando tutto quello che posso dare. Questo è il motivo che mi ha portato a sviluppare modelli sostenibili di abitazioni principalmente per inclusione di fragilità. è importante immaginare un ambiente più di flussi sanitari, confortevole, fatta a misura. Non dico meno preoccupazioni, ma un ambiente diverso.
Ecco, da lì il concetto di device abitativo per l’inclusione che possa diventare pian piano un uso quotidiano del cambiamento del living e quest’uso quotidiano possa accogliere fragilità che sono temporanee o croniche.
L’Europa come si muove in tal senso?
Noi in Europa abbiamo lanciato un importantissimo progettodi formazione che si chiama Operatore Housing Care con quattro paesi europei ed è venuta fuori una mappatura interessantissima del nuovo fabbisogno che non è solo l’operatore sanitario, ma anche dare all’operatore sanitario le skill che possono servire poi per relazionarsi con il fragile ed essere l’assistente che lo conduce verso di quella tecnologia necessaria al miglioramento della qualità della vita. Stiamo concentrando i nostri sforzi sul device, entrare dentro con molta tecnologia, quindi sistemi domotici remotizzati, sistemi in fibra ottica per la connettività, sistemi di residenzialità laboratoriale, di tecnologie robotiche e non robotiche, cioè creare degli ambienti che domani possano essere degli ambitissimi, ambulatori, dove comunque il fragile va con un familiare, va con un parente, con un figlio, con un genitore e trova la stessa cura che avrebbe trovato in una struttura molto più importante di tipo ambulatoriale piuttosto che residenziale sanitario come la concepiamo oggi. Comunque la linea è quella della persona che vive meglio.
Cos’è per te l’Abruzzo?
Per me l’Abruzzo è la terra dove sono nato e dove ho fatto la scelta di rimanere e l’ho fatta con consapevolezza. Rimanere in Abruzzo e sviluppare le attività in Abruzzo mi ha sempre dato il senso dell’essere abruzzese. L’Abruzzo ha i suoi vantaggi, il mare, la montagna, le tradizioni, la cucina, il turismo, tanta roba. Dovremmo investire in progettualità perché poi più la progettualità è estesa e più tutti gli stakeholders della progettualità si inseriscono all’interno del proprio asset e nell’asset creano sviluppo. Quindi sì, sono convinto che l’Abruzzo riuscirà a fare tanto.
Per te cos’è la formazione?
Un bene che deve appartenere a tutti, io lo distribuirei come si fa con il pasto obbligatorio.
Che consigli vuoi dare ai giovani studenti universitari o startupper?
Allora, innanzitutto, la vita non è dura, la vita è bella e va vissuta. Per fare buone cose ci vuole lavoro, dedizione, passione. La vita va vissuta lavorando e quindi suggerirei “nella vita datti da fare sia come persona, nel rispetto degli altri, sia come lavoratore”.
Quante responsabilità ci sono nell’essere Opinion Leader nella tua città, nella tua region e quali obblighi verso la società in cui tu vivi ci sono?
Le responsabilità sono davvero tantissime e appartengono al mondo che stiamo vivendo che è molto particolare, è un mondo in grande cambiamento e quando c’è il grande cambiamento si avrebbe bisogno di tempi di consolidamento questo è un mondo che io vedo corre, corre velocissimo e freneticamente senza poterseli permettere i tempi di consolidamento. La responsabilità più grande è partecipare a questa società che va di corsa con una programmazione che avrebbe bisogno di un po’ più di relatività.
Non pensi che la forbice sociale si stia allargando troppo non per colpa dei governi ma dell’economia?
Qual è la condizione migliore? Che l’economia in generale sia al suo interno sociale oppure che a fianco all’economia ci sia un’economia sociale? Io ritengo che l’economia sociale debba essere come l’educazione civica cioè non puoi permetterti di immaginare che a scuola a tuo figlio non venga impartito il sapere, la più grande conoscenza di come si sta sulla vita, cosa si deve fare, che cos’è la norma, cos’è l’istituzione e così l’economia sociale è così importante perchè è negoziare tra l’interesse dell’uno e il bisogno degli altri, il consumo dell’uno e il consumo degli altri. L’economia sociale io la vedo come l’olio del motore, che può far funzionare al meglio il motore senza farlo ingrippare.
Grazie Giampiero.
Grazie a te.
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Mammola Emanuele
Imprenditore settore Ristorazione e Catering
AD Villa Taurinus