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Rosa Gigio

Benvenuto Gigio Rosa.

Ciao a tutti. È un grande piacere.

Gigio che studi hai fatto?

Mi sono diplomato ragioniere a Napoli poi ho conseguito una laurea in Scienze della Mediazione Linguistica, giusto qualche mese fa. Era una vecchia promessa, fatta prima a me stesso e poi a chi mi ha sempre voluto bene.

Da grande cosa volevi fare?

È una bellissima domanda. In realtà avrei voluto fare esattamente quello che faccio. Quando ho scoperto le emittenti radiofoniche, la magia della radio, ho sempre e solo sognato di fare quello. Nasco nel negozio di dischi di mio papà, per cui il mio contatto con la musica è sempre stato diretto, continuamente a contatto con i fruitori della musica, esperti, appassionati e anche con gli artisti stessi. Quindi ho avuto la fortuna di nascere praticamente già nella musica. Scoprire la radio è stata la quadratura del cerchio. Avrei voluto essere un conduttore radiofonico, l’ho fatto, continuo ad esserlo. Mi piace anche tutto ciò che è connesso a questo tipo di attività, come l’organizzazione e la presentazione di eventi, ma anche il management di artisti e di conseguenza il loro talent scout. La musica è sicuramente il mio mondo, così come la radio. E sono due mondi assolutamente complementari.

Qual’è la cosa più importante che ti ha insegnato tuo padre?

L’umiltà sicuramente, la passione per gli animali, la passione che bisogna mettere in tutte le cose che si fanno (che è sempre fondamentale). E poi l’onestà.

Perché Gigio Rosa?

Gigio Rosa è uno pseudonimo che nasce tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio anni ‘90, sulla base del mio nome anagrafico. All’epoca si faceva molta attenzione per i nomi che dovevano avere una certa musicalità radiofonica.

Quando è nata la passione per la radio?

È antichissima. Ero bambino e mio papà faceva pubblicità per il suo negozio in una rodio locale e ricordo un conduttore che ogni tanto mi salutava in diretta con qualche dedica. Stiamo parlando della metà degli anni ’70, agli albori delle radio locali e questa cosa mi colpì molto. Siccome il meccanismo negozio di musica-artisti era molto stretto, popà si occupava anche del management di alcuni di loro. Ogni tanto lo accompagnavo a spettacoli e interviste radiofoniche. Mi affascinava l’idea che chi parlava in quel microfono (lo speaker) lo stava facendo per tantissime persone in un colpo solo. Molto più tardi, verso la fine degli anni ‘80, una persona mi portò nella sua radio di allora e da lì non mi sono mai più fermato.

Cosa consiglieresti a un giovane che vuole intraprendere la tua carriera?

Gli direi: devi parlare bene, leggere tanti libri e giornali, osservare e studiare attentamente chi è riuscito a fare questo tipo di lavoro e lo sa fare. Soprattutto vai in radio, frequenta, chiedi di stare, osserva, cerca di trascorrere più tempo con i professionisti di questo ambiente, perché è il modo più rapido e proficuo per imparare a fare questo lavoro.

Oggi l’emozione è la stessa di quando hai cominciato?

Sempre la stesso identica emozione, immutata dal mio primo programma ad oggi. È una specie di missione, lo senti; senti che parlare al microfono ti tocca. È un dovere, una missione, ma è anche una necessità fisica. È molto difficile da spiegare… Ecco: questa è certamente una cosa che un giovane deve avere: una personalità, che sia estroverso, che abbia molta voglio di dare. lo di base, non ci crederai, ma sono un profondo timido, eppure quando salgo sul palco. o mi posiziono dietro ad un microfono, mi trasformo e cambio completamente.

Se tu fossi il Presidente del Consiglio per un giorno, cosa faresti?

Abbasserei l’iva sulla musica. La musica è cultura, un disco deve costare quanto un libro, cioè non deve esserci differenza tra un prodotto culturale ed un altro. La musica deve essere accessibile, deve costare meno come i libri.

Parliamo del Napoli

Un sogno fantastico. Papà era molto legato alla squadra e mi portò a vedere il Napoli-Fiorentino 1-1 con cui il Napoli vinse il primo scudetto: un ricordo indimenticabile: c’era Maradona, c’era la gioia di un popolo intero. Questo gioia è tornata ed è un volano a cui la città deve aggrapparsi per consolidarsi ancor più come città più bella del mondo, soprattutto come città turistica. Dobbiamo sfruttare il turismo, non solo al centro della città, ma anche nell’interland che deve diventare un collettore, deve diventare ospitalità per chi vuole andare in città, allargandoci a tutta la Regione. Abbiamo bellezze che se ci pensi impazzisci: Capri, Ischia, la Penisola Sorrentina, la Costiera Amalfitana, gli Scavi Archeologi che sono dappertutto e ovunque, la Reggia di Caserta. Cosa manca a questa regione? Niente. È il posto in Italia, in cui si mangia meglio, dove ci sono le donne più belle, dove ci sono gli scorci più belli, i panorami più belli, questo vulcano, questo golfo! Approfittiamo dello scudetto, della visibilità in Europa, per continuare a far crescere il turismo nello nostro città. Perché dà lavoro a tutti, allo spettacolo, ai giovani, a chi fa ospitalità, o chi fa ristorazione, è un indotto inesauribile.

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