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Scaturchio Armando

Benvenuto Armando.
Salve a tutti, è un piacere partecipare a questa intervista che sarà spettacolare. Lo sento già dai profumi.

Armando chi è?
Un giovane rampante che non aveva nessuna voglia di fare la Pasticceria. Mio padre mi chiamava la “Primula Rossa” perchè scomparivo all’improvviso da un muro della pasticceria. Ho studiato, per quel poco che bastava, maturità scientifica ma ho sempre frequentato il laboratorio per creare pizzette per gli amici. E guardavo i collaboratori di mio padre ed imparavo. I pasticcieri, mio padre, le ricette non te le mostravano per gelosia. Dovevi attingere guardando. Dovevi rubare il mestiere. Ho fatto il militare negli anni ottanta e ho studiato un annetto alla facoltà di Economia e Commercio e pian piano sono entrato nel laboratorio di mio padre.

In che modo lo stare all’interno del laboratorio, attingere alla tradizione della grande Pasticceria Napoletana carpendo i segreti di tuo padre e dei collaboratori, si è trasformato nella voglia di essere un Pasticciere?
Io credo fondamentalmente che lo stimolo veniva dato dalle soddisfazioni che mio padre raccoglieva. Per una torta, per un dolce. Quando gli facevano i complimenti, lui sorrideva, lui era felice, piangeva perché in alcuni lavori la più grande soddisfazione è dare qualcosa, dare gioia e riceverne. Quando entravo nel laboratorio di pasticceria, per fare quelle pizzette tanto apprezzate dagli amici era per ricevere le stesse emozioni che provava mio padre. Già da piccolo mettevo anima nelle cose che facevo. Io e mio padre non abbiamo avuto un bel rapporto, forse gli anni, forse l’epoca. Credo fosse un suo modo di difendersi, sembrava che non voleva che io imparassi, ma non era gelosia, era perché mi voleva che io mi costruissi una corazza attorno.
Era per questo che non mi faceva mai un complimento per un dolce che realizzavo, era uno stimolo a crescere sempre di più. L’insegnamento era che devi dare per riceverle. Io davo, imparavo, guardavo, facevo, trasformavo, inventavo. Perché è una soddisfazione unica quando viene un cliente e ti dice “Armando, ho mangiato un babà che lo puoi portare davanti a un Re, con quel bagno leggero, con quell’aroma di profumo d’arancio, una cosa eccezionale che non ho mangiato da altre parti”. Per me era la soddisfazione di aver ricevuto un complimento che mi ha fatto crescere. Le difficoltà ci sono state ma oggi, dopo che hai avuto un padre un po’ duretto, sono sorpassate. Sono quelle mazzatelle che ti hanno insegnato ad andare avanti senza sofferenza. Perché? Mi sono creato la “corazza”.

Chi è stato per te papà?
Papà è una persona che sembrava che non ci vedevamo, non ci ascoltavamo, ma mi ha dato tanto, specialmente negli ultimi anni della vita. Mi ha detto una cosa importante “Papà nulla ti lascerà ma ti darà una possibilità, si apriranno, vedrai, le porte del futuro” e in quel momento non capii cosa significasse. Quando morì, andai in Banca. e c’erano degli spiccioli sul conto ma il Direttore mi disse “tu sei il figlio di Pasquale? Vedi bene le tue cose, qualsiasi cosa, ti do la mano come se la stessi dando a tuo padre Pasquale, la radice è la stessa”. Il giorno dopo tornai là e già c’erano i soldi che avevo chiesto. Stessa cosa per la voltura licenze, venne un Vigile qua portandomi le Licenze prima ancora che le richiedessi. Il merito è di papà che ha seminato bene all’epoca. Ecco le porte che si aprirono.

Parliamo delle origini, dei Fratelli Scaturchio che partono dalla Calabria e arrivano a Napoli nel 1903 hai ricordi di racconti di tuo padre?
Qualcosa che me lo raccontava mio padre e anche mia mamma. I miei nonni, Francesco e Pasquale Scaturchio, partirono da un piccolo borgo, Dasà vicino Vibo Valentia. Erano esperti in pasta di mandorla, per la vicinanza con la Sicilia e grandi decoratori “a conetto” di “Gateau Mariage” queste enormi torte nuziali. Pensarono di trasferirsi a Napoli per offrire i dolci alle persone di un certo livello, perché il dolce era un prodotto di Corte, come il famoso “Presidenziale”.

Cos’è per te la Pignasecca?
Il mercato della Pignasecca. Io abito qui, da sempre. La soddisfazione che ti dà il popolo è unica, perché se tu dai l’anima, non pensi ai soldi, questo quartiere ha tanto da raccontare, ci sono bellissime persone e ognuno di loro può darti veramente tanto. Qua è un teatro, la mattina io non alzo la serranda, io apro il sipario. Apro questo sipario e il primo attore non sono io, sono i miei collaboratori. Lo spettacolo si fa dalle prime ore del mattino, dal laboratorio escono i cornetti profumati, poi arriva Armando, che vedrà se gli hanno “messo anima” o no in questo frangente.

Armando tu non sei un pasticciere, sei uno di famiglia.
Qui è come se fossimo un’unica famiglia, non solo con i collaboratori ma anche il cliente. Mio padre era anche lui molto teatrale, raccontava le barzellette e questo fidelizzava la clientela. “Andiamo da Pasqualino perché oltre al caffè, ci mangiamo un buon dolce e ci dice pure la barzelletta”. Il cliente trovava l’ambiente giusto. Il cliente viene qui perché viene a sfogare con i dolci le proprie ire, i propri pensieri ed io sono la spugna dei problemi degli altri.

Sei la spugna o sei il punto di riferimento?
Sono punto di riferimento e spugna. Sono quello che fa dialogare perchè le persone hanno voglia di sfogare. Quando si dice “andiamoci a prendere un caffè” è un modo di stare insieme, di dialogare, di parlare e se di là trovi una persona di animo buonono, ti si apre un mondo. La fidelizzazione io me la creo giorno per giorno, persona per persona.

Da qualche anno sei impegnato in progetti sociali di Didattica
Un percorso molto bello, da anni incontro i ragazzi disagiati dei quartieri spagnoli, ai ragazzi del Filangieri e di Nisida, alle detenute di Pozzuoli per insegnare un po’ dell’Arte della Pasticceria Napoletana. e questo mi da’ grande soddisfazione perchè queste persone sono tutte belle e brave.

Qual è il futuro della tua pasticceria?
Voglio creare non più il banco con la ragazza che serve il dolce. No, ci saranno i pasticcieri a servire il dolce. Il mio futuro brand, a breve, sarà un banco dove dietro c’è il forno, una piccola impastatrice e il cliente sceglie e il dolce sarà fatto al momento. Il babà te lo preparo al monento, te lo bagno e te lo servo nel bicchiere. Il bagno del babà è un bagno caldo, tu l’hai mai mangiato caldo? Senti il profumo nel naso, il rhum sale e inonda le radici.

Per i giovani che volessero aprire un’attività commerciale simile alla tua, che consiglio daresti?
Ben vengano questi giovani. Venite da me, vi do un consiglio, lo possiamo anche promuovere insieme, assolutamente. E se ti identifichi come “Scaturchio” io ti posso dare una mano, sei già una start-up e lo facciamo insieme.

Armando da grande cosa vuole fare? 

L’insegnante. Mi piace l’idea di lasciare qualcosa. E devo scrivere un libro perchè ho tanto da scrivere.

Grazie Armando.
Grazie a voi.

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